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Il Taurasi secondo Cantine Lonardo e Antico Castello

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Fa bene al cuore vedere come la passione di Antonella Lonardo e Flavio Castaldo e quella di Chiara e Francesco Romano sia cresciuta nella dimensione del “noi”, con una sinergia di intenti tra le rispettive aziende – Cantine Lonardo (a Taurasi) e Antico Castello (a San Mango sul Calore) – impegnate nel fare qualità in un territorio che ha bisogno (anche) di essere comunicato nel modo giusto*.

A Chiara e Francesco Romano** (che ci hanno ospitato domenica scorsa nella loro azienda per una storica doppia verticale di Taurasi) devo fare, in particolare, i complimenti per aver realizzato quello che molti (e non soltanto in Irpinia, ma a Sud, più in generale) non hanno mai fatto, mettendo su una struttura polifunzionale, un’ampia sala con cucina e punto vendita, dimostrando di essere ben consapevoli dell’importanza strategica dell’enoturismo, (anche) come “chiave” per la fidelizzazione dei winelovers.

Il Taurasi di Antico Castello e Cantine Lonardo

A proposito della doppia verticale, premesso che i due areali di produzione delle uve sono alquanto diversi tra loro, m’è parso che i Taurasi di Cantine Lonardo aderiscano ad un’impostazione più rigorosa, a differenza di uno stile maggiormente improntato a canoni di “immediatezza”, che sembrerebbe esser proprio, invece, dei vini di Antico Castello (che, comunque, dimostrano un’ottima tenuta nel tempo). Più che buone, a mio avviso, le performance dei Taurasi “base” di Cantine Lonardo figli di annate difficili (mi riferisco al 2005 e al 2009) e del trio 2010-2011-2012 di Antico Castello (gli ultimi due millesimi non sono ancora in commercio).

La doppia verticale

Prima le etichette di Cantine Lonardo.

Taurasi 2004: profuma di radice, cenere, frutta rossa. La balsamicità avvolge anche il sorso, dove si ritrova la tostatura del caffè e una bella nota di ginger. Tannino “dolce” e ben levigato. Direi uno dei vini più eleganti della giornata, a tratti (forse) un po’ troppo sottile.

Taurasi 2005: polveroso. Profumi tendenzialmente più cupi (c’è la visciola, la frutta sotto spirito, un che di balsamico); a bicchiere quasi vuoto, compare una bella nota di torrefazione. Il tannino è certamente più esuberante, si beve con ottima soddisfazione. Finale amaricante.

Taurasi “Vigne d’Alto”*** 2007: il frutto sembra essere più giovane. Gelso, amarena, rosa e agrumi, radice. Vi è una maggiore pienezza gustativa, il sale distoglie il palato dall’astringenza del tannino e da’ ritmo alla bevuta.

Taurasi “Vigne d’Alto” 2008: all’inizio è un po’ compresso. Più spezie e balsami che frutta, china, grafite, caffè. Deve ancora farsi in bocca, dove il sorso mostra però un’ottima intensità.

Taurasi 2009: il millesimo è andato in archivio come uno dei peggiori dell’ultimo ventennio (almeno). Il naso non è pulitissimo ed ha anche una certa pungenza, i toni del frutto sono più scuri, si affaccia il sottobosco. Salinità e freschezza in sufficienti dosi diluiscono il tannino. Nel complesso, c’è un certo equilibrio. Evidente vocazione gastronomica.

Taurasi “Vigne d’Alto” 2011: pepe in primo piano, cipria, fiori e, quindi, la frutta rossa. Bocca gustosa, di bella progressione, che deve ancora trovare la quadra ma ha tutto quel che occorre per riuscirvi.

E ora i Taurasi di Antico Castello (in uscita dopo un periodo di affinamento generalmente più lungo di quello previsto dal disciplinare di produzione).

Taurasi 2006: è il primo di casa Romano. Solo legno piccolo per 18 mesi, poi bottiglia. La “dolcezza” del frutto in entrata è il preludio ad un sorso elegante, con richiami ciliegiosi, balsamici e, quindi, agrumati. Si avvia a piena maturità, il tannino è ben levigato, il sorso è composto, non lunghissimo.

Taurasi 2007: l’annata più calda si traduce in un calice dove sembrano prevalere, quantomeno in esordio, le sensazioni balsamiche. In realtà, è diversa l’impostazione stilistica, complice – dice Francesco – anche l’arrivo delle botti grandi. Ci sono più spezie, la persistenza è decisamente maggiore con ritorni fruttati.

Taurasi 2008: fiori rossi e amarena, un crescendo di toni balsamici. La componente sapida sembra giocare un ruolo di primo piano, puntellando un finale molto interessante. Gli auspici sono di una lunga vita davanti.

Taurasi 2010: sembra esserci maggiore struttura. Ha un lato più pepato, che apre poi ad un bouquet di profumi di bella complessità. Non mancano spinta e intensità, al sorso, che però deve ancora sciogliersi del tutto. Francesco ricorda come il vino non riuscisse ad evolvere dopo 3 anni di botte,  complice anche l’annata non proprio semplicissima (poca pioggia in estate, molte precipitazioni in autunno,  soprattutto tra ottobre e novembre).

Taurasi 2011: pungenza iniziale. I profumi sono, in generale, più “scuri”. Sottobosco, noce moscata. Tannino deciso, in fase di assestamento.

Taurasi 2012: è in bottiglia da 20 giorni e andrà in commercio forse dopo il 2011, chissà. Floreale, in prevalenza, poi ciliegia, bella balsamicità di fondo. Grande pulizia olfattiva, bocca tonica, che chiude con qualche rimando di cioccolato.

* in questo senso, quello degli aperitivi domenicali di maggio e giugno organizzati dalla due aziende nelle storiche cantine dei Lonardo, a due passi dal Castello Marchionale di Taurasi, è un format assolutamente interessante.

** come sempre più spesso accade tra noi giovani, sono tornati alla terra dopo gli studi. Chiara è laureata in economia; Francesco, che invece è ingegnere, ha anche progettato una rete in poliestere che protegge i vigneti da eventi atmosferici come le grandinate

*** i Lonardo producono 2 cru di Taurasi: il Coste, dove i terreni sono argillosi, con pietra calcarea affiorante e la zona è tendenzialmente più umida; il Vigne d’Alto, da località Case d’Alto, nei pressi della cantina di vinificazione, dove l’altitudine è maggiore, la zona è più ventilata, con forti escursioni termiche, e i terreni hanno uno strato di cenere vulcanica.

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